1964-2024: il riconoscimento della silicosi come malattia professionale
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Riceviamo e pubblichiamo il contributo di Lorenzo Di Stefano, dottore di ricerca in Storia
La catastrofe di Marcinelle dell’agosto 1956, nel corso della quale persero la vita 262 minatori, di cui 136 italiani, segnò un profondo mutamento nel destino della comunità italiana in Belgio. La tragedia, simbolo del declino dell’industria mineraria del Paese, mise in evidenza le drammatiche condizioni degli operai, spesso immigrati, costretti a lavorare in ambienti vetusti, pericolosi e insalubri. Oltre ai frequenti incidenti, con l’esposizione costante alla polvere di carbone e silicio, i minatori correvano il rischio di contrarre la silicosi, una grave patologia polmonare.
L’accordo Delattre
L’antracosilicosi, in Belgio, non era riconosciuta come malattia professionale a causa dell’accordo Delattre. Si trattava di un compromesso, che prendeva il nome dal ministro firmatario, raggiunto nel 1937 tra lo Stato belga, il padronato minerario e le organizzazioni sindacali. L’intesa – che prevedeva un buon indennizzo economico per i minatori malati, a condizioni molto restrittive – risultava vantaggiosa per il padronato, poiché l’indennizzo non veniva finanziato interamente dai datori di lavoro, ma da un regime di compensazione attraverso il sistema pensionistico, sovvenzionato in modo tripartito da Stato, datori di lavoro e salariati.
Il nodo più problematico, però, riguardava il requisito della durata del lavoro in miniera per poter accedere alla pensione di invalidità. Era infatti necessario un periodo di esposizione di almeno dieci anni per avere diritto al risarcimento, una condizione che si rivelava una trappola mortale, spingendo i minatori a esporsi a condizioni pericolose fino a contrarre quasi inevitabilmente la malattia.
Da Marcinelle alle battaglie sindacali e politiche. Il primo convegno di Liegi (1960)
La tragedia di Marcinelle suscitò un’attenzione mediatica globale, che non poté lasciare indifferenti i governi e l’opinione pubblica dei Paesi coinvolti. A livello internazionale, la catastrofe portò alla sospensione dei flussi migratori di massa dall’Italia al Belgio e all’adozione di diverse misure in materia di sicurezza e prevenzione. Fra queste, la più significativa fu la creazione, sotto gli auspici della CECA, del Comitato permanente per la sicurezza e la salute nelle miniere.
In questa fase, la comunità italiana in Belgio avviò una lunga battaglia per il riconoscimento della silicosi come malattia professionale. Una tappa significativa avvenne nel gennaio 1960, quando si
tenne al Palais des Congrès di Liegi una prima conferenza, organizzata da quattro associazioni italiane attive nelle regioni minerarie, durante la quale fu redatto un memorandum che chiedeva l’applicazione di misure urgenti.
L’organizzazione del “Convegno di studio e informazione sui problemi dell’emigrazione italiana in Belgio” fu diretta da Gino Ghirardelli (Novafeltria, 1929 – Seraing, 2005), esponente della Fédération générale du travail de Belgique (FGTB) e del PCI nella regione di Liegi, futuro presidente dell’Association culturelle italo-belge Leonardo da Vinci, nata nel Capodanno 1962/1963. Ad affiancare Ghirardelli nella fase organizzativa vi fu Jacques Moins, avvocato comunista e collaboratore dell’INCA CGIL in Belgio.
All’incontro parteciparono circa cinquecento lavoratori, tra cui una trentina di delegati sindacali di base della Centrale des mineurs FGTB, per lo più italiani.
Nel corso del convegno, tra le principali rivendicazioni vi furono il riconoscimento della silicosi come malattia professionale, la garanzia di piena occupazione per i lavoratori delle miniere e la tutela dei diritti dei figli degli emigrati, con la richiesta di istituire scuole di lingua italiana.
Al fine di sensibilizzare le autorità politiche e sindacali belghe sui temi elencati nel memorandum, vennero in seguito organizzate numerose assemblee in tutta la regione vallona. È necessario sottolineare che in questa fase, a livello mediatico, ebbe un ruolo di fondamentale importanza la mobilitazione delle vedove dei minatori. Nell’estate 1961, ogni domenica mattina, si tennero nella regione di Liegi diversi incontri che riunirono centinaia di operai: a Fléron, Beyne-Heusay, Herstal, Seraing e Grâce-Berleur. Il primo interlocutore politico di Ghirardelli fu proprio il sindaco di Grâce-Berleur, Simon Pâque, presidente della federazione liegese del Partito socialista, il quale presidiò tutte le successive assemblee, offrendo al comitato una grande credibilità. Sopraggiunse il sostegno di altri leader politici liegesi: il senatore socialista Hubert Rassart, il deputato socialista e sindaco di Flémalle André Cools, il deputato comunista Théo Dejace, l’esponente della FGTB e direttore del periodico La Gauche, Jacques Yerna.
Ottobre 1960, una delegazione viene ricevuta in Italia
Nel mese di ottobre 1960, una delegazione guidata da Ghirardelli, affiancata dai senatori Renato Bitossi e Gaetano Barbareschi, venne ricevuta ufficialmente a Roma dal sottosegretario al Lavoro Cristoforo Pezzini. La delegazione, composta da rappresentanti dei minatori italiani emigrati in Belgio, presentò il memorandum per sollecitare il riconoscimento della silicosi come malattia professionale. L’incontro era stato facilitato dall’intervento del senatore comunista Umberto Terracini, che aveva sollecitato il ministero a ricevere la delegazione. Questo passo rappresentò un momento cruciale per la tutela dei diritti dei lavoratori emigrati, grazie anche al sostegno politico trasversale ricevuto in Italia.
La Legge Bitossi (1962)
Parallelamente alle pressioni in Belgio, infatti, in Italia si lavorava per tutelare i diritti dei minatori italiani rimpatriati e affetti da silicosi.
La cosiddetta Legge Bitossi (n. 1115/1962), approvata nel luglio 1962, rappresentò un significativo passo in avanti. La legge, proposta dal senatore Bitossi, presidente dell’INCA CGIL, garantiva ai lavoratori italiani rientrati in patria un’assistenza economica e sanitaria nel caso in cui la legislazione belga non riconoscesse o non risarcisse adeguatamente la malattia. La legge Bitossi rispondeva alla necessità di colmare le lacune della normativa belga, facendo opera di pressione sul governo estero con un abile “ricatto” diplomatico e fornendo un sostegno fondamentale ai minatori che, una volta tornati in Italia, si trovavano privi di tutele adeguate.
Il secondo convegno di Liegi (1963)
La mobilitazione proseguì, con una petizione sottoscritta da oltre 15.000 emigrati italiani, consegnata al parlamento belga e al parlamento italiano nel 1962, e culminò nel secondo convegno di Liegi, tenutosi nel marzo 1963, che riunì oltre 1.500 lavoratori e rappresentanti sindacali e politici, belgi e italiani.
A presiedere l’assemblea vi furono esponenti socialisti e comunisti belgi di primo piano (i prima citati Pâque, Cools, Yerna, Dejace e Moins), insieme a due esponenti della CGIL, il socialista Fernando Santi e il comunista Renato Bitossi. Il discorso finale fu tenuto da Ghirardelli che, in qualità di segretario del “Comitato di coordinamento delle associazioni italiane in Belgio” si occupò nuovamente dell’organizzazione della conferenza.
Durante l’incontro furono riaffermate le richieste per il riconoscimento della silicosi in Belgio e vennero rafforzati i legami tra le organizzazioni sindacali dei due Paesi. Al centro delle rivendicazioni vi fu la parità di diritti sociali e sindacali tra lavoratori italiani e belgi, oltre alla necessità di migliorare le condizioni di vita dei minatori immigrati.
In sostanza, tale convegno venne organizzato per mobilitare i minatori italiani in occasione delle imminenti elezioni sociali (questi ultimi erano entrati a far parte dell’elettorato attivo proprio in seguito alla tragedia di Marcinelle), al fine di rivendicare un’azione essenzialmente già portata a termine.
In effetti il governo belga, sotto la guida del Ministro della Sécurité sociale Edmond Leburton, stava già lavorando a una proposta di legge che avrebbe riconosciuto la silicosi come malattia professionale. La mobilitazione dei lavoratori e il sostegno delle autorità politiche belghe contribuirono tuttavia a mantenere alta la pressione sulle istituzioni, per garantire che la legge fosse approvata senza ritardi e che fosse all’altezza delle aspettative dei lavoratori.
Il momento culminante di questa battaglia fu l’approvazione della legge Leburton, che entrò in vigore il primo gennaio 1964, riconoscendo finalmente la silicosi come malattia professionale in Belgio. La legge rappresentò una vittoria storica della comunità italo-belga, per i diritti sia dei lavoratori immigrati che dei minatori belgi, frutto di anni di mobilitazioni sindacali e politiche.